Based in Sydney, Australia, Foundry is a blog by Rebecca Thao. Her posts explore modern architecture through photos and quotes by influential architects, engineers, and artists.

Riconoscimento di facce note e distanza

Riconoscimento di facce note e distanza

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LIVELLO DI RICONOSCIBILITA’ DI FACCE IN FUNZIONE DELLA DISTANZA.

Wagenaar e van der Schrier (1996). In uno studio del 1996, Wagenaar e van der Schrier hanno preliminarmente sottoposto ai partecipanti le fotografie di alcuni volti (non noti) di diversa dimensione riproducendo, così, una scena di osservazione di un soggetto a diverse distanze (3–40 m). Successivamente ai partecipanti veniva chiesto di identificare la persona vista poco prima tra 6 persone in un classico line-up fotografico (photo-lineup). Ciò che è emerso è la ovvia conclusione che il riconoscimento era inversamente proporzionale alla distanza da cui era stato visto il volto. Ovvero, al crescere della distanza, il riconoscimento era significativamente peggiore.

Sulla base di questa ricerca gli autori hanno messo a punto delle raccomandazioni forensi da usarsi in sede di valutazione della testimonianza. La conclusione a cui gli autori sono giunti è che il riconoscimento poteva considerarsi soddisfacente, in termini di accuratezza, solo se la distanza tra “testimone” e faccia da riconoscere era minore di 15 metri (adottando un livello di illuminazione della scena pari ad almeno 15 lux).

Sulla base di questi risultati gli autori hanno avanzato una “regola forense” particolarmente accreditata e chiamata “regola del quindici” (“Rule of Fifteen”, Wagenaar e van der Schrier, 1996, p. 86) come indicazione da utilizzare in ambito processuale. Tale dato, secondo gli stessi autori, suggerisce che “distances of greater than 15 m should be considered as too far to support an eyewitness identification beyond reasonable doubt” ovvero che una distanza superiore a 15 metri dovrebbe essere considerata inadeguata a supportare oltre ogni ragionevole dubbio un’identificazione basata su una testimonianza oculare.

Lindsay e collaboratori (2008). Lindsay e collaboratori (2008) hanno raccolto dati su più di 1300 soggetti sperimentali andando a verificare come la distanza tra testimone e soggetto da riconoscere potesse influenzare non solo l’accuratezza dell’identificazione ma anche la stima di parametri propedeutici all’identificazione stessa (peso, altezza età), a diverse distanze. In questo lavoro, i partecipanti assistevano ad una scena reale in cui un soggetto che poteva essere posizionato a diverse distanze usciva da un nascondiglio mostrandosi per alcuni secondi. Successivamente veniva chiesto di stimare peso, altezza ed età del soggetto e di giudicare se fosse identificabile tra i soggetti mostrati in alcune fotografie (line-up fotografico).

L’accuratezza delle stime e dell’identificazione poteva essere verificata subito dopo l'evento o a distanza di tempo dall’evento (24 ore). La condizione che può essere considerata più simile al nostro caso specifico è quella in cui il soggetto da identificare si trovava a più di 20 metri di distanza e l’identificazione avveniva a distanza di tempo dall’evento. In questa condizione è stata rilevata una percentuale di identificazione corretta pari al 38%. Si noti che la “distanza dall’evento” considerata in questo studio era pari a sole 24 ore. E’ rilevante notare come nel caso in cui la faccia non fosse fra le fotografie alternative tra cui scegliere, ben il 46% dei soggetti/testimoni giungevano a quella che sappiamo essere un falso allarme (errata identificazione).

Questi dati dimostrano come l’accuratezza nell’identificazione di un volto, a più di 20 metri di distanza, sia molto scarsa (Lindsay et al., 2008) e questo è ancora più importante se teniamo presente che la ricerca è stata condotta in condizioni di illuminazione ottimali.

Come già detto, oltre all’analisi relativa alla identificazione delle facce in funzione della distanza in questa ricerca è anche stata indagata l’accuratezza nella descrizione di alcuni attributi come altezza, peso ed età del soggetto (ad esempio “la figura che ho visto è quella di un uomo di circa 6 anni alto 1.80 mt e del peso di circa 80 chili”).

Gli autori, per quanto riguarda l’accuratezza nella descrizione di questi attributi riportano i seguenti risultati: i)  l’accuratezza della stima dell’altezza di un target a una distanza superiore a 20 metri non superava il 60%, anche considerando criteri molto elastici di attribuzione di una risposta corretta (risultato usando una approssimazione di 10 metri); ii) l’accuratezza nello stimare il peso posto a una distanza superiore a 20 metri era pari a circa il 60% (risultato usando una approssimazione di 10kg); iii) l’accuratezza della stima dell’età di un target a una distanza superiore a 20 metri era pari a circa il 43% (risultato usando un’approssimazione di 10 anni).

In pratica questi dati indicano che un soggetto di 50 anni, 90 kg e alto 1.80 m potrebbe venire descritto, se visto ad una distanza superiore a 20 metri, come un soggetto di 40 anni, di 100 kg e alto 1.70 m. Quindi questa ricerca dimostra che due figure umane caratterizzate da corporature molto diverse possono essere descritte in maniera molto simile se vi è un certo grado di distanza tra testimone e target (almeno 20 m).

Horry, R., Halford, P., Brewer, N., Milne, R., Bull, R (2014). Lo studio di Horry e collaboratori (2014) consiste in una ricerca retrospettiva che ha analizzato dati di 833 casi giudiziari reali caratterizzati dalla presenza di un testimone oculare chiamato ad identificare il presunto autore di un reato. In 588 di questi casi, vi erano successive evidenze circa l’effettiva colpevolezza del sospettato. Questi autori hanno considerato come possibili fattori influenti sulla testimonianza, non solo la distanza dal target ma anche la durata dell’evento al quale il testimone ha assistito e la sua età.

Per quanto riguarda la distanza tra testimone e soggetto da identificare, gli autori hanno trovato come la probabilità di identificare correttamente i sospettati fosse meno probabile quando l’autore del reato veniva visto ad una distanza superiore a 5 metri (25.93%) rispetto a quando era visto a meno di 5 metri (55.91%) o in una situazione faccia a faccia (59.77%). Da notare come la proporzione di corrette identificazioni ad una distanza superiore a 5 metri fosse molto bassa (circa il 26%) e come, nonostante tale proporzione raggiungesse il proprio massimo nella situazione faccia a faccia, essa era comunque inferiore al 60%. Questi dati, che sintetizzano una ricerca sul campo, sono in linea con gli studi controllati effettuati in laboratorio relativamente alla percezione dei volti. Questi ultimi suggeriscono che “our ability to recognize familiar faces drops sharply after distances of about 7.5 m, approaching zero by around 33.5 m”, ovvero la nostra abilità di riconoscere volti familiari cade bruscamente con distanze superiori a 7.5 metri, avvicinandosi allo zero intorno a 33.5 metri (G. R. Loftus & Harley, 2005).

E’ stato dimostrato che nella percezione e nel conseguente riconoscimento di volti, un processo fondamentale è l’abilità di analizzare in maniera olistica, quindi nel suo insieme, le caratteristiche del volto. McKone (2009) dimostra come tale abilità ha il suo picco tra 2 e 10 m, peggiorando in maniera repentina per distanze superiori a 10 m.

Riconoscimento di facce note e distanza

giuseppe.sartori@unipd.it

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