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Domande suggestive nell’esame del minore

Domande suggestive nell’esame del minore

In merito alle domande suggestive le linee guida messe a punto dalle principali società scientifiche che si occupano dell’argomento (Società Italiana di Criminologia, Società Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni, Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Società Italiana di Neuropsicologia, Società Italiana di Psichiatria, Società di Psicologia Giuridica) riassumono le buone prassi (cioè prassi basate sull’evidenza scientifica) nei seguenti punti:

  • Il ricordo di ogni persona, adulto o bambino, è suscettibile di modifiche dovute a suggerimenti. Alcuni individui sono più suscettibili di altri all’influenza di suggerimenti; ciò è definito suggestionabilità.

  • Il livello di suggestionabilità nelle fasi dello sviluppo è inversamente proporzionale all’età. La suggestionabilità non rende di per sé il bambino incapace di rendere testimonianza, costituendo solo un fattore di rischio. Pur in presenza di suggestionabilità, se le domande sono poste correttamente il bambino può fornire risposte coerenti ai suoi contenuti di memoria.

  • La vulnerabilità alle domande suggestive aumenta col diminuire dell’età del testimone. Secondo alcune ricerche a 4 anni le domande suggestive inducono risposte errate in percentuale pressoché doppia rispetto a 10 anni e pressoché tripla rispetto all’adulto.

  • È frequente che l’adulto significativo intervenga per aiutare il bambino a selezionare certi ricordi ed a organizzarli. Questa influenza però non solo favorisce l’organizzazione e la coesione dei ricordi ma può talvolta modificarli o deformarli.


Tali linee guida ( in tema di testimonianza del minore) riassumono numerosissime ricerche scientifiche che evidenziano come l’uso delle domande suggestive, sia metodo idoneo a produrre false memorie. Le false memorie sono ricordi che non corrispondono al fatto storico che diventano soggettivamente indistinguibili per il soggetto che risponde in modo acquiescente a determinate domande suggestive. La letteratura scientifica al riguardo è ampia e dimostra come una breve esposizione ad informazioni errate conduca alla creazione di false memorie e tali false memorie siano resistenti per molto tempo (circa metà dell’informazione errata persiste anche un anno e mezzo dopo l’esposizione). Molti studi hanno però riportato che i bambini possono incorporare false informazioni anche dopo un singolo colloquio suggestivo. Ad esempio, in uno studio Hritz (2014) ha scoperto che chiedendo ai bambini di fare consapevolmente una falsa accusa in un'intervista, un terzo dei bambini mantiene la falsa accusa durante una successiva intervista neutrale. In altri termini questi bambini che in origine avevano eseguito l’ordine di riportare informazioni errate successivamente risultavano incapaci di riconoscere quel ricordo come un ricordo che non corrispondeva a qualcosa da loro percepito ma a loro indotto dall’adulto. Inoltre, Hyman e altri (1995) hanno dimostrato come il falso ricordo instillato nel primo racconto duri nel tempo e venga rilevato anche nel secondo racconto del soggetto. Tali incorporazioni sono tanto più frequenti se il racconto riguarda varianti di schemi comportamentali tipici che nel nostro caso sarebbero molestie nel contesto di atti di accudimento. Nella ricerca di Hyman i partecipanti costruivano una falsa memoria incorporando dettagli suggeriti nel falso evento in uno schema di eventi già esistenti. Secondo questi dati scientifici, la conoscenza preliminare dell’evento suggerito è una condizione necessaria per richiamare il falso evento.

Ancora, i risultati delle ricerche empiriche sulla resistenza delle false memorie nel tempo sono categorici. Le false memorie resistono di più nel tempo delle memorie vere, come dimostrato dalla ricerca di Forrest (2002). Qui sono stati esaminati bambini di 6 e 11 anni e, come anticipato, i risultati hanno mostrato come i ricordi veri sia con minori di 6 che di 11 anni siano bruscamente diminuiti del 50% tra una verifica immediata e una effettuata una settimana dopo, mentre i ricordi falsi tra le due verifiche sono diminuiti solo del 10%. Di conseguenza i veri ricordi sono dimenticati più rapidamente di quelli falsi.

La vulnerabilità alla suggestione risulta quindi essere il punto centrale della controversia inerente la capacità dei bambini di testimoniare circa eventi passati e, in particolare, circa eventuali abusi sessuali subiti.

La suggestionabilità si può ricondurre ad una tendenza individuale a rispondere in modo specifico a stimoli suggestivi.

Studiosi di fama internazionale quali Loftus e Gudjonsson hanno dimostrato che le domande tendenziose sono in grado di forzare le risposte, creando errate attribuzioni: l’informazione suggerita dalle domande invade e distorce quella immagazzinata mediante la codifica del ricordo originario.

È inoltre da ricordare che la vulnerabilità alle domande suggestive aumenta al diminuire dell’età del bambino: i bambini in età prescolare sono maggiormente suggestionabili rispetto a quelli di 7 anni, i quali a loro volta si rivelano più facilmente suggestionabili dei bambini di 9 anni.

Molto spesso nell’assunzione di testimonianza si fa spesso ricorso, ed è anche questo il caso, a domande chiuse. Questo genere di domande restringe la gamma di rispose possibili che il minore potrebbe fornire.

È stato infatti dimostrato da Waterman, Blades & Spencer, (2000) come le domande chiuse che richiedono una risposta di tipo “sì” o “no” (ad esempio: una pietra è più lenta di un orecchio?) portino quasi l'80/100% dei bambini ad accettare una delle alternative anche quando questa sia priva di senso come in questo caso. Inoltre è stato dimostrato che i bambini di fronte a domande che inducono un tipo di risposta dicotomica tendono a rispondere affermativamente. Questo genere di domande inibisce un tipo di risposta “non so” e come tutte le linee guida indicano, seguendo le rispettive regole, possono essere somministrate solo dopo la libera narrazione del minore.

Qualcuno potrebbe dire che gli esperti del settore siano abili nel riconoscere in modo accurato racconti indotti da domande suggestive e non. Tuttavia la letteratura dimostra che le valutazioni soggettive di ciò che i bambini riportano dopo interviste suggestive rivelano che i resoconti forniti dai minori appaiono altamente credibili ai professionisti specialisti in campi come lo sviluppo infantile e le scienze forensi; questi professionisti infatti non riescono a discriminare in modo affidabile il racconto accurato di bambini non sottoposti ad una intervista suggestiva rispetto al resoconto inaccurato di quelli che invece vi hanno partecipato.

Questi principi scientifici sono stati recepiti dalla giurisprudenza di cassazione in tema di testimonianza del minore come ad esempio nella Sentenza della Suprema Corte di Cassazione, sez. III, 08-03-2007, n. 121, laddove specifica che ha dettato alcuni paradigmi di valutazione della credibilità del narrato, specificando che:

«E’ sperimentalmente dimostrato che un bambino quando è incoraggiato e sollecitato a raccontare da parte di persone che hanno una influenza su di lui (e ogni adulto è per un bambino un soggetto autorevole) tenda a fornire la risposta compiacente che l’interrogante si attende e che dipende, in buona parte, dalla formulazione della domanda. Si verifica un meccanismo per il quale il bambino asseconda l’intervistatore e racconta quello che lo stesso si attende, o teme, di sentire; l’adulto in modo inconsapevole fa comprendere l’oggetto della sua aspettativa con la sua domanda suggestiva che formula al bambino. In sintesi, l’adulto crede di chiedere per sapere mentre in realtà trasmette al bambino una informazione su ciò che ritiene sia successo. Se reiteratamente sollecitato con inappropriati metodi di intervista che implicano la risposta o che trasmettono notizie, il minore può a poco a poco introiettare quelle informazioni ricevute, che hanno condizionato le sue risposte, fino a radicare un falso ricordo autobiografico; gli studiosi della memoria insegnano che gli adulti “raccontano ricordando” mentre i bambini “ricordano raccontando” strutturando cioè, il ricordo sulla base della narrazione fatta. Una volta fornita una versione, anche indotta, questa si consolida nel tempo e viene percepita come corrispondente alla realtà. Tale accadimento è possibile perché la naturale propensione della mente umana è verificazionista; quando ci formiamo una idea, tendiamo naturalmente ed inconsapevolmente a confermarla attraverso l'acquisizione di nuove informazioni coerenti con la stessa ed a destinare un trattamento opposto a quei dati che sembrano andare in direzione contraria».

Sempre altra Giurisprudenza della Cassazione (Cass. Pen., sez. III, 18 settembre 2007, n° 371478) infine, ha ulteriormente chiarito la questione relativa al rapporto tra menzogna e suggestione:

«…l’assunto secondo il quale i bambini non mentono consapevolmente e la loro fantasia attinge pur sempre ad un patrimonio conoscitivo deve essere contemperato con la consapevolezza che gli stessi possono essere dichiarati attendibili se lasciati liberi di raccontare, ma diventano altamente malleabili in presenza di suggestioni eteroindotte; interrogati con domande inducenti essi tendono a conformarsi alle aspettative dello interlocutore…»

Gli effetti distorcenti delle domande suggestive dipendono da quando queste domande sono state fatte?

La risposta a questa domanda è si. Più le domande suggestive sono fatte a ridosso del fatto che deve essere descritto dal testimone e meno ci sono distorsioni. Ad esempio, in questa ricerca dopo aver preso visione di un video i soggetti testimoni venivano esaminati con domande suggestive a diversa distanza di tempo dalla visione del video. Più la distanza di tempo nel quale i soggetti erano esaminati per la prima volta con domande suggestive era alta e meno accuratamente ricordavano e più rispondevano in modo errato come indotto dalla domanda suggestiva (a una settimana le risposte corrette erano il 23% mentre a 5 settimane erano il 9%).

Di particolare rilevanza nella ricerca condotta da questi autori è la coerenza in esami ripetuti di risposte errate indotte dalle domande suggestive. La questione di rilevanza forense è la seguente: le risposte errate indotte dalle domande suggestive durante ricordi ripetuti a distanza di tempo sono più contraddittorie rispetto alle risposte corrette?

Domande suggestive nell’esame del minore

giuseppe.sartori@unipd.it

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